Il Gazzettino - Venezia - 08.06.2006 "Venezia - «Trasformiano Venezia in una Disneyland». Dall'Inghilterra i giornali lanciano una provocazione che verrà presentata in un convegno. La città reagisce Di Davide Scalzotto Dio salvi Venezia, perché pare proprio che gli inglesi si siano stancati di raccogliere soldi per la sua salvaguardia. Anzi, per alcuni è inutile sforzarsi, tanto la città è destinata a morire, a diventare roba da archeologia, come Pompei o le piramidi d'Egitto. Tanto vale, a questo punto, affidarne la gestione alla Disney e far pagare ai turisti un biglietto di 30 sterline per godere dell'ennesimo parco per divertimenti, magari comprensivo di 60mila abitanti disposti a fare i figuranti di se stessi. Una proposta, quest'ultima, che arriva addirittura da un economista, John Kay, autore del saggio 'La verità sui mercati'. Kay sarà uno dei relatori al dibattito che lunedì 12 giugno, alla Royal Geographic Society di Londra, metterà di fronte quattro esperti su un titolo che è tutto un programma: 'Per salvare Venezia è stato già speso abbastanza denaro'. Un appuntamento organizzato dal 'Venice in peril found', il comitato britannico fondato da sir Ashley Clarke dopo l'acqua alta del 1966, che si occupa di raccogliere fondi per la salvaguardia di Venezia. A dare manforte a Kay, lunedì, ci sarà il maggior consulente scientifico del governo britannico, sir David King. Una decina di lauree ad honorem in università di mezzo mondo, professore di chimica e fisica e membrodel 'Queens college university' di Cambridge, King sosterrà la sua tesi puntando non sull'economia, ma sulla tutela ambientale di Venezia, affermando che malgrado i tanti soldi destinati alla città , se non si metterà un freno alla crescita delle emissioni tossiche in laguna, non ci sarà salvezza per Venezia.Le posizioni di Kay e King saranno confutate dallo storico dell'architettura Joseph Rykwert e dallo scrittore e giornalista A.N. Wilson, ma intanto hanno già dato la stura ai giornali inglesi per buttare il naso oltre Manica, con una vera e propria campagna di stampa che ha sollevato il 'caso Venezia'. Fino a che punto, si chiedono in Inghilterra, è lecito continuare a spendere soldi per la salvezza di una città in declino? Che sia il segnale di un disinteresse britannico verso la Serenissima? Avevano cominciato l'altro ieri il Times, il Guardian e l'Observer, ha proseguito ieri l'Independent, con un articolo di Peter Popham centrato sul dibattito attorno al Mose. «Un'opera - è scritto - figlia di Berlusconi» ma che ora deve fare i conti con un problema: «un sindaco di centrosinistra favorevole al progetto, come Paolo Costa, è stato sostituito da un altro sindaco di centrosinistra, Massimo Cacciari, che è contrario. E lunedì, sotto la sua guida, il consiglio comunale ha deciso di incalzare Roma che avrà l'ultima parola. Ogni ulteriore ritardo, tuttavia, sarà per Venezia un disastro». L'Independent si stupisce poi del fatto che i veneziani si lamentino che la qualità della vita si sia abbassata. «Ma come può essere così triste - scrive Popham, non rinunciando a seminare stereotipi - una città che ha boutique di alto livello, ricchi hotel, splendide chiese, gallerie e musei, con l'Harry's Bar pieno di clienti vestiti di abiti di lino color crema, intenti a sorseggiare il Bellini?».Già , come è possibile?Lunedì, sul Times, un articolo di Rachel Campbell-Johnston dal titolo 'Se amate Venezia, lasciatela morire' aveva risposto delineando scenari poco ottimistici, parlando di Venezia condannata a scomparire sotto l'azione dell'acqua e di un Mose che non servirà a nulla se non a prolungarne l'agonia. E sempre lunedì l'Observer e il Guardian, infine, avevano invocato la Disney dando eco alla proposta che John Kay rilancerà lunedì nel dibattito di Londra.La tesi dell'economista è la seguente: Venezia non può progredire come una normale città europea, la conversione in un parco a tema per turisti è l'unica speranza di salvezza. «Se la Disney si fosse interessata prima di Venezia - anticipa Kay al Guardian - la città non sarebbe in pericolo come è oggi». Secondo il suo schema, i turisti potrebbero essere chiamati a pagare 20 o 30 sterline in entrata e una volta in città potrebbero visitare liberamente chiese, musei, ristoranti e hotel che in questo modo verrebbero svincolati dalle corporazioni che finora sono state le uniche beneficiarie della ricchezza portata dal turismo, senza possibilità di ricaduta per la città . Una provocazione? «Puttanate», si è limitato a liquidarle il sindaco Massimo Cacciari, che alcuni anni fa rispedì al mittente l'offerta di finanziamento per due regate e per il restauro della sede del Casinò di un miliardario di Las Vegas, costruttore e titolare di un mega hotel a immagine e somiglianza di Venezia, ma che un paio di settimane fa ha benedetto l'ingresso di un altro miliardario di Las Vegas nel consiglio di amministrazione della Fenice, con un finanziamento di un milione e mezzo di dollari in tre anni.In laguna comunque rigettano le interferenze che arrivano da Londra. «Siamo alle solite - sbotta il vicesindaco Michele Vianello - All'estero sono convinti che l'unico problema della città sia l'acqua alta, perché per anni si è fatto credere questo in quanto faceva comodo creare un fronte internazionale a favore del Mose. Gli inglesi sono legati all'immagine romantica di una Venezia decadente: pensino a Blair che è meglio, ognuno si occupi delle faccende di casa sua». «Accettiamo volentieri i contributi dei comitati privati come il 'Venice in peril fund' - aggiunge Vianello - ma in questi anni lo sforzo maggiore per Venezia l'ha fatto lo Stato italiano. La città non può rinunciare ai contributi pubblici per la manutenzione di canali, rive e palazzi». Claudio Scarpa, direttore dell'Associazione veneziana albergatori, lancia invece la controffensiva in campo nemico. «Il Comune - dice - mandi al confronto di Londra un suo rappresentante, magari il sindaco o il vicesindaco. L'amore degli inglesi per Venezia non può trasformarsi in disinteresse ed è giusto che l'amministrazione comunale vada a spiegare quanto si sta facendo e quanto si farà in difesa della città . E si approfitti di questo dibattito per chiederci, sul serio, come sono stati spesi negli ultimi 40 anni i contributi pubblici destinati al mantenimento e alla rivitalizzazione socio-economica della laguna».Tra Londra e Venezia fa da 'paciere' Lady Frances Clarke, vedova di sir Ashley, veneziana d'adozione, che spiega così il comportamento dei connazionali. «Non credo a una campagna di stampa contro Venezia - afferma - Così come non credo che quanto scrivono i giornali possa influire negativamente sull'opinione che gli inglesi hanno di Venezia e sulla necessità di una campagna internazionale per la sua salvaguardia. à nello stile inglese anticipare un confronto pubblico con posizioni estreme, in modo da suscitare il dibattito dell'opinione pubblica. 'Venice in peril fund' ha raccolto finora circa 4 milioni di sterline per Venezia e abbiamo intenzione di continuare a farlo. Anche il ricavato della vendita dei biglietti del confronto di lunedì andrà a questo scopo». Chissà se ne è informato chi ritiene che Venezia non valga una sterlina. ">
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