Torino sull'inglese «London Review of Books»

Hobsbawn stregato da Torino Elogio della città sullÂ'inglese «London Review of Books» «Torino mi è sempre piaciuta» dice Eric Hobsbawn, professore emerito di storia economica e sociale alla London University. LÂ'ha ripetuto anche in un recente articolo comparso sulla «London Review of Books», indicativo per capire quale percezione hanno di Torino allÂ'estero: «Torino mi è sempre piaciuta - assicura Hobsbawn - malgrado il suo stile pomposo e principesco dellÂ'Ottocento italiano e della prima industrializzazione. Ha un ottimo ambiente universitario e unÂ'Accademia delle Scienze che un tempo ebbe come come suo presidente onorario il primo console Napoleone Bonaparte». Torino ha da sempre un Ateneo di rango, ma - come i torinesi ben sanno - lo stile preminente della città e delle sue residenze regali è il barocco, che non è ottocentesco ed è molto meno «pomposo» di quello francese. Mentre lÂ'Accademia delle Scienze si fa piuttosto vanto di scienziati fondatori sabaudi, come Giuseppe Angelo Saluzzo, Luigi De La Grange e Giovanni Cigna. Napoleone, che da invasore si nominò suo presidente onorario, pur avendola riformata al suo volere, non risulta vi abbia messo piede. Tuttavia Torino a Hobsbawn piace, anche perchè «a differenza di Milano, non ha perso la sua coesione né il suo legame viscerale con le montagne che la circondano». EÂ' «severa ed intellettualmente rigorosa, nessunÂ'altra città italiana può vantare un maggiore impegno antifascista, perfino fra i suoi grandi capitani dÂ'industria. E ha anche una comunità ebraica molto importante». Verissimo. «EÂ' la città di Gramsci e di Togliatti. Il luogo dove sono nati sia il Partito comunista italiano, sia liberali combattivi come Franco Venturi, comandante partigiano e storico dellÂ'illuminismo europeo e del populismo russo». Gramsci a Torino fondò il suo «Ordine Nuovo», fucina di pensiero comunista, Togliatti a Torino studiò. Ma pare di ricordare che fu il «Congresso di Livorno» del 1921 a dare i natali al Pci. Hobsbawn spazia quindi con i suoi ricordi al tempo in cui Torino «era la Detroit italiana, sotto il regale Gianni Agnelli, e allo stesso tempo il fulcro dellÂ'eccellenza intellettuale e letteraria italiana, sotto lÂ'altrettanto regale ma finanziariamente molto più traballante Giulio Einaudi». E ora? «Giulio e lÂ'Avvocato sono morti. La fine del fordismo ha fatto perdere alla città un quarto dei suoi abitanti, la fine del comunismo ha portato gli albanesi e i rumeni. La Fiat, con una forza lavoro passata da 60 mila a 15 mila persone, lotta per sopravvivere». «Torino non è più quella di un tempo - sentenzia Hobsbawn - a parte la sua grande squadra di calcio, la Juventus e il meraviglioso cerchio delle Alpi». Poi a fronte delle opere olimpiche il professore osserva: «LÂ'economia locale investe soldi sulle olimpiadi invernali dellÂ'anno prossimo sperando che possano scuoterla». Infine propone: «Perchè non pensare alla città come un centro congressi?».>