Di Giuseppe Pullara à toccato a Toyo Ito, una star «giapponese» dell'architettura, spezzare i conformismi e le prudenze di chi, posto di fronte al problema se introdurre o meno forme contemporanee nel contesto dell'edilizia storica di Roma, risponde «sì ma, non so, no però, ni o boh». Ieri l'autore sudcoreano formatosi a Tokyo ha spiegato il suo lavoro più recente nella sede provvisoria del Maxxi in un incontro organizzato dal Darc (il dipartimento dei Beni culturali guidato da Pio Baldi). L'opera di Toyo Ito è profondamente ispirata dalle forme naturali: alcuni edifici non sono né più né meno che gigantesche conchiglie. E allora: come inserire la sua architettura in un contesto come l'ansa barocca di Roma? Tutto in nero ma con calzini rossi, camicia bianca con pennellate rosa e senza cravatta, occhiali neri ovali e un'aria serena fino ad essere serafica, Toyo Ito non si scompone: «L'importante per me è tracciare un'immagine architettonica molto forte anche del tutto fuori dal contesto urbano. Ma questa nuova presenza, che può prescindere dal resto, deve essere molto bella». Ecco fatto: gli equilibri sono rotti, sparito ogni tatticismo. E Ito contrattacca, sapendo di essersi esposto: «Ma sono poi tutti di valore gli edifici del centro storico di Roma? Sono tutti belli?». La provocazione è lanciata e guai a chi non ci riflette sopra. «Io traccio certe forme, il mio lavoro è conosciuto. Se mi dovessero chiamare e premiare in un concorso i committenti saprebbero cosa farei, per esempio, nel contesto romano». Ma c'è una sorprendente precisazione: «Certo, qui come altrove lavorerei in collaborazione con chi è del posto per raccogliere la sensibilità locale». Toyo Ito ha partecipato alla gara per la realizzazione del Museo dell'Arte del XXI secolo ed ha perso: se hanno vinto le linee flessuose e iperboliche di Zaha Adid, figuriamoci cosa aveva proposto. Ma il mite architetto d'Oriente non molla: è tornato proprio nel luogo della sconfitta a illustrare la sua arte e, quanto a riprovarci, «mi piacerebbe costruire a Roma, sarebbe molto eccitante. Anche se - Toyo ride e pare felice - mi sembra molto improbabile». Dopo un'introduzione di Alberto Clementi, preside della facoltà di Architettura di Pescara che gli ha attribuito la laurea honoris causa, l'architetto inizia la spiegazione di alcuni progetti recenti. A cominciare dalle tazzine da caffé disegnate per Alessi, quelle con la rana sul bordo. Presto si arriva alla Mediateca di Sendai del 2002, forse il capolavoro di Ito. I suoi tredici pilastri intrecciati lasciano a bocca aperta. Dopo il Serpentine Pavillon del 2002, la sede dell'italiana Tod's a Tokyo: 270 «finestre» diverse una dall'altra, senza serramenti. La proiezione dei rami nudi di un albero e la sovrapposizione di questa immagine ed ecco la rete di cemento armato che regge e dà un volto all'edificio. La «spirale» di Torreveja, presso Siviglia, è un'opera incompiuta che parla della difficoltà di realizzare i disegni di Toyo Ito: in questo caso il budget ha «sforato» ad appena un terzo dell'opera. Ma la folla di architetti, studenti, studiosi che assiste alla lezione dell'architetto sessantaquattrenne (potrebbe averne venti di meno: un miracolo della sua amica Natura) si scioglie in un divertito applauso quando sono le forme nuvolose del Forum multifunzionale di Gand, Belgio, a passare sullo schermo. «Il computer - spiega Toyo Ito - mi aiuta molto a riprodurre e a creare ciò che ho in mente». à un concetto espresso anche da Frank O.Gehry in un'intervista al Corriere . L'ortogonalità viene ormai abbandonata, si passa alla creatività informatica. E il Forum, un progetto rimasto inattuato, resta in archivio perchè essendo «più o meno di quattro piani», come dice l'architetto ridendo egli stesso, non ha trovato nessuno che gli abbia dato più o meno l'incarico di realizzarlo. Il sinuoso allestimento della mostra dei disegni di Ito rende onore allo spirito architettonico dell'ospite. Percorrere gli spazi è come scivolare nei diversi punti dell'edificio che attende il sorgere del nuovo museo e finge ora di essere il Maxxi. Attraversando una serie di difficoltà il progetto della Hadid va avanti. Lentamente ma, sembra, inesorabilmente. L'attività della carcassa che un giorno ospiterà le salmerie del Museo è di alto livello e l'incursione romana di Toyo Ito ne è un esempio. Non resta che accelerare i tempi per adeguare il contenitore al contenuto.> |
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